lunedì 2 settembre 2013

Uno, primo.


Avevo giurato a me stessa che mai e poi mai avrei scritto un blog. 
Cosa vuol dire poi blog? 
Mah. Mi fa pensare a Blob, quella schifezza rosa e anni ottanta che usciva dalle grate e inglobava tutto. Anche il cervello. In effetti quindi c’entra.
Come si fa? Ci si presenta o si parte in quarta?
Farò a modo mio, un po'e un po'.

Intanto racconto questa cosa, che mi è successa oggi.
La solita cosa, nè. Una delle solite che succedono ai mediomani.
Il mio collega ha preso la promozione e io no.
E lo so che tutti quelli che non hanno preso la promozione sono invidiosi, o meglio gli rode proprio il culo, e giurano di essersela meritata di più. Tutti. Anche gli imbecilli. Non sono unica e speciale nemmeno in questo.
Ma.
Io al mio collega, chiamiamolo rag. Ugo Fantozzi per questioni di anonimato e per il suo vezzo di portare la cintura dei pantaloni ad altezza ascella, gli voglio bene. E dopo mille anni che si consuma su quella sedia io pure gliel’avrei data, la promozione si intende.
Il punto è un altro. A me non l’hanno data perchè, dicono, io SONOTROPPOGGIOVANE.
Amici ho TRENTANNI.

In un’altra epoca, quella di Jane Austen per dirne una, sarei una zitella senza speranza grassa e infelice, una di quelle che al massimo a dieci minuti dalla fine del romanzo (non del film), ha il miraggio di riuscire ad accasarsi col cugino pelato che fa il reverendo nella diocesi accanto. 
Nella mia epoca, devo ringraziare gli dei di non vivere con mammà, di avere uno stipendio fisso, di poter uscire a mangiare la pizza margherita e pagarla coi miei soldi, e star zitta.
Ma questa cosa della promozione, non posso sopportarla.
Come quando a sette anni Santa Lucia non mi portò il regalo che le avevo chiesto, epppure ero la prima della classe, eppure in casa facevo meno della metà delle stronzate che faceva mio fratello, che invece ebbe il suo Nintendo. (NDR, il regalo che volevo era semplicemente introvabile, era una bambola ipercostosa corredata da mini-violino-Stradivari-probabilmente-funzionate, che avevo scorto in una vetrina di un negozio in Francia, durante le vacanze estive con i miei. Ma spiegaglielo tu, a una diligentissima bambina di sette anni, che la magica e onnipotente Santa Lucia non è capace di andare in Francia, proprio in quel paesino, e proprio in quel negozietto, a prendere il regalo che sente di meritarsi, arrogantemente forse, ma non più arrogantemente del fratello che ebbe invece il suo Nintendo, e ci giocò tronfio per mesi, fino a che il divino monolite grigio non venne spodestato dall'Amiga).

Mi sento così. Ingiustamente punita per qualcosa che non capisco.
Per una sorta di double standard per cui se al lavoro sei così figa come dici, allora sei figa abbastanza anche per prenderlo in quel posto e sorridere e dimostrare, ancora una volta, che sei superiore, che vali di più.
Di più di chi.
Di Ugo Fantozzi.


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